DESCRIZIONE
SOMMARIA DELLE SINGOLE ATTIVITÀ
L’apparato
sperimentale consiste in un treppiede che regge una lastra di plexiglas a forma
di triangolo equilatero, densa di fori circolari. Tre fili vengono annodati tra
loro ad un estremo, mentre i tre estremi liberi vengono prima fatti scorrere in
tre carrucole, posizionate a piacere nei fori a disposizione, e quindi
collegate a tre pesi identici. Scopo del laboratorio è comprendere i segreti
della configurazione nodo-fili, e come questa dipenda dalla posizione delle
carrucole. Manifestamente, l’apparato rende tangibile la questione di cui al
punto a), quando i tre paesi hanno grosso modo lo stesso numero di abitanti.
La parte più
creativa dell’attività consiste:
Normalmente,
la sfida non lascia indifferenti i partecipanti… e la risposta riesce a
sorprendere quasi tutti! Al termine della parte sperimentale, i partecipanti
avranno anche ben chiaro che la risposta trovata non è universale: per alcune
posizioni della carrucola succede tutt’altro, con il nodo centrale che sembra
volersi tuffare dentro una carrucola. Saper prevedere quando ciò accade,
rappresenta un’altra difficile sfida.
Fin qui la
parte sperimentale: si sono trovate regole ed eccezioni, e ora si vorrebbe
comprendere perché le regole sono queste e non altre. Le regole derivano dal
principio di minimo e, per metterlo in evidenza e poi utilizzarlo in modo
acconcio, occorrono un minimo di competenze di carattere:
Inoltre, nel
caso in cui i partecipanti possiedano i rudimenti dell’ottimizzazione in due
variabili (punti stazionari dove il gradiente è nullo) è addirittura possibile
implementare un approccio di tipo analitico, da confrontare poi con quello
geometrico.
Il tempo
richiesto dall’attività è di circa 4 ore: 2 ore sono necessarie per giungere ad
una corretta descrizione del risultato sperimentale ed altre 2 ore occorrono
per giustificarlo geometricamente. L’eventuale parte analitica occuperebbe
un’altra ora.
(A.2) RETI
NEL TRIANGOLO E NEL QUADRATO
L’apparato
sperimentale consiste in 5 kit, ciascuno composto da:
Ogni
lastrina è in realtà formata da due piastre parallele, collegate da alcuni
pioli disposti perpendicolarmente. Immergendo le lastrine nell’acqua saponata,
tra i pioli si vengono a formare dei veri e propri percorsi di lamina saponata:
dacché la natura è poco propensa agli sprechi, tra tutti i percorsi possibili
tale meccanismo seleziona quello di minima lunghezza.
Lo scopo
dell’attività è prevedere, prima di immergere le lastrine, quale sarà il
percorso risultante. L’attività è molto ludica e rilassante, ma niente affatto
banale. Si lavora con 4 lastrine differenti ovvero, in ordine di difficoltà e
quindi di utilizzo:
L1) una con
3 pioli disposti a triangolo equilatero
L2) una con
3 pioli disposti a triangolo rettangolo
L3) una con
4 pioli disposti a quadrato
L4) una con
4 pioli disposti a formare una T
in ordine di
difficoltà e quindi anche di lavoro. Per aiutare i partecipanti a selezionare i
percorsi di minima lunghezza, vengono rese disponibili schede plastificate che
riportano alcuni dei percorsi più gettonati e dei righelli opportunamente tarati.
Tuttavia, gli stessi calcoli possono essere eseguiti astrattamente, con il solo
ausilio del teorema di Pitagora.
Quando tutti
i partecipanti hanno fatto la propria previsione, si procede finalmente a:
e si
ricomincia con un’altra lastrina.
Già non è
facile indovinare cosa accada immergendo la prima lastrina L1 e, nonostante le
restanti lastre affinino l’intuizione, è abbastanza difficile indovinare cosa
accada con l’ultima lastrina L4. Questa attività è stata replicata con successo
in contesti diversi, alcuni divulgativi altri più di sostanza: per tutti, L4 si
è rivelata una sfida appassionante e coinvolgente. Normalmente, l’attività
termina a questo punto: tempo necessario dalle 2 alle 3 ore, a seconda del
grado di coinvolgimento dei partecipanti.
Tuttavia è
anche possibile arrivare ad una giustificazione geometrica del risultato, più o
meno completa a seconda dell’interesse effettivo dei partecipanti. I tempi però
si dilatano e un sensibile calo di tensione va messo in conto.
(B.1) PROBLEMA
ISOPERIMETRICO NEI RETTANGOLI E NEI TRIANGOLI
L’apparato
sperimentale è abbastanza ridotto. A parte una cinghia di metallo con delle biglie
di vetro da inserirvi (allo scopo di rendere tangibile la proprietà
isoperimetrica del cerchio) e del materiale per sperimentare con le bolle di
sapone, il resto consiste di 5 kit, ciascuno comprendente:
I due
rettangoli hanno forma diversa e servono solo a rendere manifesto che quello
con maggior area è anche quello più simile ad un quadrato. Il passo ulteriore è
verificare l’intuizione con altri rettangoli, disegnandoli su carta
quadrettata, per poi spiegare il tutto analiticamente. Il tutto si complica
leggermente quando si passa ai triangoli, arrivando ai triangoli equilateri per
il tramite una manovra di isoscelizzazione che si fonda sul teorema di Erone,
trattato più diffusamente nell’attività (C).
Sia per i
rettangoli che per i triangoli, una certa attenzione viene dedicata al problema
duale (massimizzare il perimetro a parità di area) con lo scopo di mostrare che
la soluzione è la stessa del problema diretto. La durata dell’attività è di
circa 2 ore, che tuttavia possono essere anche raddoppiate tramite una serie di
attività complementari.
I
presupposti matematici per poterla completare sono davvero minimi e, in
particolare, non prevedono la conoscenza o l’uso di derivate.
(B.2) PROBLEMA
ISOPERIMETRICO NEI CILINDRI
L’apparato
sperimentale consiste in 5 kit, ciascuno composto da:
L’obiettivo
dichiarato è stabilire quale lattina sia migliore dal punto di vista del
produttore. Ogni produttore vuole minimizzare i costi di produzione, e
minimizzare la quantità di materiale utilizzato è certamente una scelta
sensata: da qui il classicissimo problema isoperimetrico sui cilindri. Seguono
le misurazioni sul primo set di 4 cilindri, che si scoprono avere lo stesso volume,
e l’osservazione che il cilindro retto è il migliore dei quattro. A questo
punto, ai partecipanti viene consegnato il secondo set di 2 cilindri, di volume
differente rispetto al primo set, col compito di effettuare tutte le
misurazioni del caso e confrontare i risultati ottenuti con i due set. Il
confronto richiesto non è affatto ovvio, e spesso il suo risultato lascia
disorientati proprio coloro che già avevano informazioni pregresse sul
problema. Al termine di questa fase, i partecipanti scoprono cos’è davvero la
disuguaglianza isoperimetrica e quali sono i cilindri ottimali. È il momento di
sparigliare le carte, mettendo a disposizione dei partecipanti scatolette e
lattine che vediamo tutti i giorni nei supermercati: alcune sono ottimali nel
senso appena scoperto (tipicamente confezioni di pelati e piselli) ma altre
sono davvero molto lontane dall’esserlo (tipicamente lattine di bibite). Perché
questo succede e come costruire un modello che renda conto di tali differenze?
Naturalmente si tratta di ridefinire il costo della lattina per il produttore,
prendendo in considerazione sprechi di materiale nella lavorazione oppure costi
di altro tipo, non legati alla quantità del materiale usato nella sua
realizzazione. L’idea è di seguire le idee che nascono dai partecipanti ed
infine proporre un modello che tenga conto di come le lattine per bibite
vengono effettivamente realizzate.
La durata
dell’attività è di circa 4 ore e le competenze necessarie sono il calcolo delle
derivate e l’utilizzo delle derivate per la ricerca di estremi.
L’apparato
sperimentale è composto da:
I due
dispositivi vengono utilizzati per due esperimenti a priori indipendenti. Nel
biliardino una pallina viene posta su uno dei due fuochi ed un bersaglio
sull’altro: scopo dell’esperimento è scoprire dove la pallina deve rimbalzare
sulla sponda per colpire il birillo. Il laser viene invece utilizzato per
studiare le caratteristiche geometriche della riflessione di un raggio
luminoso. I due esperimenti possono essere fatti in un ordine qualunque e
sembrano del tutto scorrelati. Al termine dei due esperimenti, si procede ad un
terzo esperimento, apparentemente scollegato da entrambi: carta e penna alla
mano, si studiano il percorso minimo tra due punti assegnati, sotto l’obbligo
di passare per una retta assegnata. È solo grazie al terzo esperimento che
diventa palese il principio di minimo alla base della legge di riflessione,
noto come teorema di Erone. Con un po’ di lavoro in più, si riescono infine a
dedurre le cosiddette proprietà tangenziali dell’ellisse, che spiegano
compiutamente il comportamento della pallina nel biliardino ellittico.